DIETA E FAME: LE VARIANTI GENETICHE CHE NON LASCIANO SCAMPO

DIETA E FAME: LE VARIANTI GENETICHE CHE NON LASCIANO SCAMPO

I programmi dietetici per la perdita di peso spesso danno risultati evidenti sul breve termine, ma col passare del tempo aumenta sempre più il rischio di mettere da parte i buoni propositi e recuperare kg. Ridurre il sovrappeso tramite un dimagrimento controllato e mantenerei risultati ottenuti in maniera stabile nel tempo, e quindi evitare i recuperare i chili persi, per alcuni è più semplice ma per altri risulta un’impresa titanica.

Il recupero del peso successivamente a un periodo di dimagrimento avviene in modo differente da persona a persona. Sembra, infatti, che non tutto dipenda dalla volontà individuale e che alcuni tratti genetici e le abitudini alimentari possano avere un ruolo fondamentale nel definire la tendenza di un individuo al recupero del peso perso con una dieta.

Sembra che alcune varianti nei geni PPARG2 e FTO, notoriamente connessi con la condizione di obesità, potrebbero accomunare i soggetti maggiormente predisposti a recuperare il peso perso. Il gene PPARG2 è particolarmente studiato in quest’ambito: esso regola vari processi metabolici che avvengono a livello del tessuto adiposo come l’accumulo e il consumo di lipidi o la sensibilità all’insulina. È ben noto un polimorfismo a carico del gene PPARG2 che ne altera l’attività dando una maggiore tendenza al recupero del peso dopo la dieta.

In Olanda, è stato condotto uno studio su oltre 100 individui con valori di BMI>25 ed età compresa tra 20 e 65 anni, di cui circa il 30% portava il polimorfismo per il gene PPARG2. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti per 6 settimane aduna stessa dieta (definita dagli autori Very-Low-calorie Diet o VLD) con un apporto di circa 500 kcal/giorno così composte: circa 50 g di carboidrati, 52 g di proteine e 7 g di grassi, oltre a sali minerali e vitamine. Sono stati monitorati vari parametri, tra cui il peso corporeo, in vari momenti: prima dell’inizio della dieta, subito dopo la fine della dieta, dopo 3 mesi e dopo 1 anno. I risultati mostrano che i soggetti non portatori del polimorfismo perdono peso più facilmente con la dieta e riescono a mantenere i nuovi valori di indice di massa corporea più a lungo, con una più bassa tendenza al recupero del peso perso.

Gli individui portatori del polimorfismo invece mostrano una tendenza maggiore al recupero del peso dopo il trattamento dietetico, in particolare nel caso in cui la dieta non preveda un consumo ridotto di carboidrati. 

Sottoposti ad una stessa dieta che prevede abbondante consumo di carboidrati, i portatori del polimorfismo mostrano valori di indice di massa corporea maggiori rispetto ai non portatori.

Molti studi scientifici confermano in maniera evidente che anche una mutazione del gene FTO può essere direttamente associata con l’aumento dell’indice di massa corporea e che il rischio di sviluppare obesità sia di circa due volte maggiore rispetto a quello dei non portatori. Per questo é importante che questi soggetti adottino una dieta che tenga in considerazione anche questa loro predisposizione.

Il gene FTO (anche detto “Fat mass and obesity-associated gene”) è espresso principalmente nel cervello e ha un ruolo chiave nel controllo del bilancio energetico. Questo gene è coinvolto nella regolazione dell’appetito e una mutazione che ne alteri la funzione ha effetti sull’ipotalamo con disfunzioni che spesso incrementano la tendenza ad abbuffarsi o a concedersi spuntini fuori pasto con maggiore rischio di ingrassare. FTO è coinvolto anche nella regolazione dell’accumulo di grasso corporeo.

Un polimorfismo del gene FTO ha vari effetti, tra cui quello di alterare i livelli di grelina, con conseguenti anomalie nella percezione di appetito e sazietà. I soggetti con questo genotipo infatti mostrano un appetito alterato, maggiore predisposizione al consumo di cibo ed a concedersi spuntini.
La grelina é infatti un ormone sintetizzato e secreto a livello del tratto gastrointestinale, funge da segnale periferico e interagisce con l’ipotalamo nella regolazione del bilancio energetico, stimolando l’appetito e il consumo di cibo. I livelli di grelina sono di norma maggiori in condizioni di digiuno quindi prima dei pasti, per poi diminuire dopo i pasti in condizioni di sazietà.

Individui in sovrappeso mostrano in genere alterazioni ormonali e livelli di grelina più bassi del normale, a dimostrazione del fatto che la condizione di obesità altera in maniera complessa gli equilibri ormonali che controllano l’appetito. La mutazione di FTO, alterando i livelli di grelina, altera quindi la risposta del cervello al consumo di cibo dando come risultato una ridotta sensazione di sazietà anche subito dopo i pasti, e una maggiore tendenza di questi soggetti ad abbuffarsi o a mangiare di più e più spesso. Si è anche notata in questi soggetti una predilezione per spuntini ipercalorici e ricchi di grassi.

Normalmente si sono osservati livelli di attività di FTO maggiori durante il digiuno suggerendo che l’espressione di questo gene sia maggiore prima dei pasti, momento in cui si dovrebbe avere maggiore appetito. Vari studi dimostrano che l’espressione stessa di FTO possa essere regolata anche dalla disponibilità di alcuni nutrienti nella dieta.

Adottare una dieta piuttosto che un’altra potrebbe influenzare quindi l’attività di questo gene.

Ad esempio, una dieta ricca di grassi (o HFD, High-fat diet) sembra possa modulare l’espressione ipotalamica di FTO. Uno studio recente dimostra anche che per i soggetti portatori del polimorfismo risulta più vantaggiosa una dieta ipocalorica e ricca di proteine. Con tale dieta infatti, questi soggetti sembra riescano ad avere maggior controllo e a ridurre il proprio appetito, tendendo meno ad abbuffarsi. Sembra sia plausibile che un elevato apporto di proteine possa modificare gli effetti di FTO sull’appetito.

Quindi è evidente che i geni PPARG2 ed FTO abbiano un ruolo centrale  nella complessa serie di meccanismi neuro-biologici che regolano l’appetito, il bilancio energetico e l’accumulo di grassi nel nostro organismo.

Se nonostante la dieta, l’impegno e l’esercizio fisico si ha comunque la tendenza ad ingrassare, non bisogna comunque perdersi d’animo. Chi non riesce a mantenere il pesoforma potrebbe semplicemente portare queste varianti genetiche.



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