CAFFEINA METABOLISMO E SPORT: CHE EFFETTO HA SUL TUO CORPO?
Che la caffeina sia una piacevole e irrinunciabile abitudine per molti di noi è cosa risaputa. Ciò che però non tutti sanno è che il nostro DNA gioca un ruolo chiave nell’influenzare sia il nostro consumo quotidiano di questa sostanza – come nel caso del caffè – sia, soprattutto, nel determinare gli effetti che essa può avere sulla nostra salute.
C’è chi può concedersi solo una piccola dose al giorno e chi, invece, può bere una tazza di caffè o tè anche alla sera, senza che il proprio sonno ne risenta. Per alcuni l’assunzione di queste bevande è fonte di nervosismo, altri invece non possono proprio farne a meno al fine di concentrarsi meglio, svegliarsi o addirittura, come nel caso degli sportivi, per migliorare le proprie prestazioni fisiche.
La caffeina è un alcaloide naturale appartenente alla famiglia chimica delle metilxantine, presente in notevoli quantità in foglie, semi e frutti delle piante di caffè, cacao, tè, cola, guaranà, mate come anche in alcuni prodotti alimentari e farmaceutici quali note bevande analcoliche gassose o medicinali che non richiedono una prescrizione medica. La caffeina è di solito ingerita come caffè, bevanda ottenuta dalla macinazione dei semi delle piante di caffè (appartenenti al genere Coffea) o anche come tè, ovvero infuso di foglie o germogli della pianta del tè (genere Camellia).
Quanta caffeina c’è:
CAFFÈ ESPRESSO (una tazzina) 60-120 mg
CAFFÈ AMERICANO (una tazza) 95-125 mg
CAFFÈ CON MOKA (una tazzina) 60-120 mg
CAFFÈ DECAFFEINATO (una tazzina) 3-5 mg
COCA-COLA (una lattina) 35-40 mg
TÈ (una tazza da 150 ml) 32 mg
CIOCCOLATA (una tazza) 4 mg
RED BULL 80 mg
CIOCCOLATO FONDENTE (100 g) 20-60 mg
CIOCCOLATO AL LATTE (100 g) 20 mg
La caffeina aiuta a contrastare la sonnolenza diurna e a mantenere alta la soglia di allerta in quanto stimola indirettamente il sistema nervoso simpatico e svolge azione antagonista sull’adenosina, che è appunto il neurotrasmettitore che invia il cosiddetto ‘segnale di stanchezza’.
Proprio per i suoi effetti stimolanti, la caffeina è ritenuta la sostanza psicoattiva più diffusa e consumata a livello mondiale. Si stima che in media un individuo consumi tra i 70 e gli 80 mg circa di caffeina al giorno (corrispondenti a circa una tazza di caffè espresso).
Studi suggeriscono di non assumere caffeina tra le 4 e le 11 ore prima di dormire per evitare problemi di insonnia. Uno studio dimostra che l’assunzione di circa 400mg di caffeina tra i 30 minuti fino alle 6 ore prima di dormire possa causare disturbi significativi del sonno e talvolta problemi cardiovascolari.
Una volta assunta, la caffeina è assorbita nell’intestino tenue e metabolizzata nel fegato, dove viene convertita in tre dimetilxantine:
- Paraxantina (84%), che aumenta la lipolisi, ovvero la scissione dei lipidi, ed eleva i livelli di glicerolo e acidi grassi liberi nel plasma sanguigno;
- Teobromina (12%), che dilata i vasi sanguigni aumentando il flusso di ossigeno e nutrienti al cervello e ai muscoli (come quelli dei bronchi) e induce vasodilatazione nelle arteriole renali, aumentando così il volume di urina;
- Teofillina (4%), che rilassa la muscolatura liscia dei bronchi, stimola la diuresi e agisce sul cuore aumentandone la forza contrattile e la frequenza cardiaca.
Il metabolismo della caffeina è regolato per oltre il 90% dall’enzima citocromo P450, detto anche CYP1A2 e codificato dal gene omonimo, nel fegato. Quest’enzima rappresenta oltre il 13% degli enzimi presenti a livello epatico e la sua attività è essenziale per il metabolismo della caffeina, ma anche di altre sostanze dalla struttura complessa, inclusi alcuni farmaci.
Se assunta oralmente, la caffeina viene assorbita rapidamente e completamente dall’organismo. Si stima che una dose media sia digerita al 99% entro 45 minuti dall’ingestione. Negli adulti l’emivita della caffeina, ovvero il tempo che l’organismo impiega a eliminarne il 50%, è di 4-5 ore e varia ampiamente a seconda di fattori quali l’età, il peso corporeo, la gravidanza, l’assunzione di farmaci oltre al ruolo della genetica. Il gene CYP1A2 presenta delle varianti che causano una differente attività enzimatica e che, come conseguenza, rendono le persone più o meno sensibili agli effetti della caffeina. Chi ha la variante associata a una normale attività dell’enzima metabolizza rapidamente la caffeina che, una volta assunta, verrà eliminata in tempi brevi dall’organismo. Di contro chi mostra la mutazione nel gene Citocromo P450 1A2, è un metabolizzatore lento. Ciò fa sì che tale sostanza rimanga più a lungo in circolo, accumulandosi e aumentando l’effetto eccitatorio sull’organismo.
L’attività di CYP1A2, da cui dipende appunto la velocità di metabolismo della caffeina, mostra elevata variabilità fra individuo e individuo. Sono numerosi i fattori alla base di questa variabilità, come la predisposizione genetica ma anche l’inalazione di idrocarburi policlici aromatici (ad esempio attraverso il fumo di sigaretta), il consumo di verdure appartenenti alle crucifere (ad esempio i broccoli), carne alla griglia, alcuni farmaci (tra cui omeprazole e carbamazepine) o appunto la caffeina – questi fattori possono agire da induttori dell’enzima CYP1A2.
Una maggiore attività dell’enzima può avere conseguenze molto differenti a seconda del caso specifico: ad esempio nel caso di esposizione a contaminanti ambientali, come alcune tossine, se l’enzima è più attivo del normale significa che le fasi di catalisi vengono accelerate e viene ridotta l’esposizione ai contaminanti. Nel caso di terapie in corso, alcuni farmaci vengono smaltiti dall’enzima ‘iperattivato’ tanto velocemente da poter comprometterne l’efficacia terapeutica. Ad esempio il farmaco teofillina, comunemente usato per l’asma bronchiale, è risaputo che sia metabolizzato molto velocemente dai fumatori proprio perché il fumo ha effetto induttore sull’enzima CYP1A2.
Sono state identificate varianti genetiche che sembrano avere vari effetti sull’attività di quest’enzima e i dettagli molecolari di queste interazioni sono tuttora oggetto di studio. Sembra essere abbastanza frequente, anche tra le popolazioni europee, una mutazione nel gene CYP1A2 detta anche CYP1A2*1F (rs762551). Questa mutazione inibisce l’enzima CYP1A2 rallentandone la capacità di metabolizzare la caffeina. Gli individui portatori di questo polimorfismo metabolizzano quindi più lentamente la caffeina (sono anche detti “slow caffeine metabolizers” o dal metabolismo lento) e sono più sensibili ai suoi effetti. Uno studio dimostra che, proprio in relazione a questo rallentamento nell’attività dell’enzima CYP1A2, gli individui che portano la mutazione potrebbero essere esposti ad un rischio maggiore di infarto miocardico non fatale.
La caffeina potenzia la capacità di realizzare tanto uno sforzo mentale quanto uno fisico, pertanto recenti studi stanno cercando di chiarire se questa variazione genetica comporti o meno una diversa capacità di resistenza allo sforzo fisico, in particolare durante prestazioni sportive di alto livello. Uno studio ha confrontato la performance di ciclisti portatori della mutazione (quindi “slow metabolizers”) e non portatori (“rapid metabolizers”), sottoposti a uguale consumo di caffeina (tra gli 85 e i 150mg/giorno) nel periodo prima del test. Sembra che il genotipo corrispondente in un metabolismo veloce della caffeina aumenti gli effetti ergogenici con conseguente migliore prestazione sportiva in questi individui.
È ormai dimostrato che la caffeina determina, fra i vari effetti, anche un aumento della performance cardiovascolare e muscolare tanto da essere divenuta, negli anni, un apprezzato supplemento all’atleta negli sport di resistenza e non.
Questo effetto ergogenico della caffeina è dato, nello specifico, da:
- Una riduzione della percezione della fatica grazie alla stimolazione del sistema nervoso centrale;
- Una migliore attivazione dei motoneuroni, cioè dei neuroni che, trasportando gli impulsi elettrici ai muscoli, ne permettono la contrazione. Questa azione eccitatoria è dovuta al blocco dell’adenosina;
- Un aumento della frequenza cardiaca e della forza di contrazione del cuore, grazie alla stimolazione dell’adrenalina;
- Un miglioramento della contrazione muscolare, poiché la caffeina interviene nel processo di regolazione del passaggio di calcio, sodio e potassio attraverso i canali ionici;
- Un miglioramento dell’uso di acidi grassi come carburante energetico perché la caffeina promuove il rilascio di adrenalina – un ormone brucia grassi – e incrementa i livelli di AMP ciclico che attiva le lipasi, cioè gli enzimi che digeriscono i lipidi. Bruciando acidi grassi, l’organismo risparmia sul glicogeno, le cui riserve nell’organismo sono legate alla resa della prestazione aerobica.
Recenti studi hanno determinato che per ottenere questo aiuto ergogenico, l’atleta deve ingerire notevoli quantità di caffeina poco prima di cominciare l’attività sportiva. È bene però considerare che l’assunzione di livelli alti o moderati di caffeina determina anche la comparsa di spiacevoli effetti negativi. In virtù di ciò, alcuni studi hanno allora dimostrato come non sia necessario eccedere nelle dosi assunte, anche l’ingerimento di basse dosi di caffeina (3 mg/kg, cioè circa 1-2 tazzine di caffè), infatti, produrrebbe un considerevole effetto ergogenico, senza però determinare l’insorgenza degli effetti collaterali riscontrati invece nel caso dell’ingerimento di alti quantitativi della sostanza.
Che si sia dunque sportivi o semplici amanti della caffeina, è necessario tener presente che esagerare con le quantità è sconsigliato se si vogliono evitare spiacevoli rischi alla nostra salute.
In generale, il consumo di dosi elevate di caffeina è sconsigliabile, a prescindere dal genotipo individuale. Considerare poi le proprie predisposizioni genetiche certamente aiuta a chiarire i processi metabolici che stanno alla base dell’assorbimento della caffeina, sostanza molto complessa tutt’altro che da sottovalutare.