B-CAROTENE E VITAMINA A: A COSA SERVE E COME IL PATRIMONIO GENETICO NE INFLUENZA L’ASSORBIMENTO
La vitamina A è una delle vitamine liposolubili che quindi non devono essere assunte quotidianamente poiché il corpo è in grado di immagazzinarle e rilasciarle solo all’occorrenza. Come vitamina A vengono indicati i retinoidi ed i loro analoghi, che possono essere prodotti dall’organismo a partire dal B-carotene, il precursore, assunto tramite l’alimentazione, in particolare tramite frutta e verdura con il caratteristico colore giallo-rosso. Si trovano invece direttamente in forma di retinoidi in alimenti come l’olio di fegato di merluzzo, il fegato, il tuorlo d’uovo, il burro, la panna ed il latte.
Il b-carotene è convertito nella vitamina A nell’intestino dall’enzima B-carotene 15, 15’-monoxygenasi (BCMO1).
Nell’occhio la vitamina A è a sua volta convertita in 11-cis-retinal: un cromoforo visivo, ovvero una molecola che concorre all’assorbimento dei fotoni nei bastoncelli tramite un complesso pathway conosciuto come il ciclo retinoide.
È per questo che quando vi è una carenza di vitamina A, sono gli occhi
uno dei primi organi a soffrirne, con disidratazione della cornea ed episodi di cecità notturna. In caso di carenza prolungata la cecità può divenire permanente, fenomeno frequente nei paesi in via di sviluppo.
Un altro effetto della carenza di vitamina A è una disidratazione diffusa del derma con conseguente desquamazione, o inspessimento delle mucose di intestino, di vie urinarie e di polmoni, oltre alla compromissione del funzionamento del sistema immunitario e la possibilità di rallentamenti nello sviluppo in età puerile.
La carenza di vitamina A interessa in particolar modo le donne incinte ed in allattamento ed i bambini in età prescolare. Si stima siano 250 milioni le persone a rischio. In Asia ed in Africa sono frequenti i casi di gravi carenze di questo nutriente, ma anche nei paesi occidentali interessa in forma più lieve circa il 15% dei giovani fra i 19 ed i 24 anni, e ben la metà delle donne in menopausa avrebbero necessità di integrazioni di vitamina A.
Il fegato è l’organo più importante per l’immagazzinamento ed il trasporto del retinolo, e in particolare sono coinvolte nel processo gli epatociti e le cellule stellate epatiche. Gli epatociti svolgono un ruolo indispensabile nell’assorbimento e nel metabolismo dei retinoidi nel fegato e nella sintesi e secrezione della proteina che lega il retinolo, la RBP, necessaria per il suo trasporto quando subentra una carenza di vitamina A nell’organismo.
A livello intestinale l’assorbimento del B-carotene si divide in tre fasi: l’assorbimento a livello della membrana plasmatica, che avviene parzialmente tramite i trasportatori SR-BI e CD36, ma anche tramite diffusione passiva, la conversione enzimatica di una porzione del B-carotene in retinolo, e la sua secrezione nel circolo linfatico tramite i chilomicroni.
Il tessuto adiposo e in particolare gli adipociti sono un altro sito di immagazzinamento. Per questo è importante capirne il funzionamento in particolare in relazione alla differenziazione degli adipociti, della secrezione di adipochine e del metabolismo dei lipidi.
È infatti risaputo che i derivati della vitamina A sono forti repressori della differenziazione adipocitica e che i carotenoidi influenzano la regolazione delle adipochine.
Ma esiste una considerevole variabilità individuale nel metabolismo della vitamina A che potrebbe essere relazionato alla genetica ed allo status individuale della vitamina stessa, ma non è chiaro come questi fattori influenzino il metabolismo del B-carotene e l’omeostasi della vitamina A.
Come detto, un enzima chiave responsabile della conversione del B-carotene in retinolo è il carotene 15, 15 – monoxygenasi prodotto del gene BCMO1, dal quale dipende buona parte della variabilità individuale della conversione in vitamina A, che si stima sia del 45% negli individui sani.
Diverse mutazioni genetiche possono ridurre l’attività di BCMO1 e ostacolare la conversione dei carotenoidi. Ad esempio, due frequenti polimorfismi nel gene BCMO1 (R267S e A379V) possono ridurre collettivamente la conversione di b-carotene del 24% e 42% nella popolazione caucasica.
Questo dimostra il ruolo chiave di BCMO1 nell’efficacia della conversione del B-carotene. Esiste inoltre una variante che pur essendo abbastanza rara, è però particolarmente invalidante. Si tratta della doppia mutazione T170M (267S – 379V) la quale si è rivelata ridurre del 69% la capacità di conversione del B-carotene in retinolo. Mentre la sola mutazione 379V sembrerebbe ridurne la conversione del 32%.
Non è solo questo il gene coinvolto, altre varianti studiate sono BCDO2, RBP1 e RDH11, ma quelle a carico del gene BCMO1 sono state accuratamente studiate in quanto particolarmente rilevanti.
Una dieta con alto consumo o alti livelli di carotenoidi nel plasma è stata generalmente associata ad una diminuzione del rischio di disturbi cronici tra cui quelli cardiovascolari, alcuni tipi di cancro e problemi oculari. Inoltre diversi studi hanno osservato livelli di B-carotene bassi in pazienti che soffrono di diabete di tipo II o sindrome metabolica più che nei soggetti di controllo.
Lo stress ossidativo è coinvolto nell’innescare e/o prolungare disturbi cronici e metabolici, ed è stata avanzata l’ipotesi che un aumentato apporto di antiossidanti (come i carotenoidi) potrebbe prevenirlo e con esso prevenire la comparsa di tali disturbi.
Fino ad oggi, gli effetti benefici per la salute attribuiti ai carotenoidi erano associati con la loro capacità di agire come antiossidanti diretti in ambienti lipofili come biomembrane e lipoproteine. Tuttavia la ricerca attuale sta indagando la possibilità che gli effetti benefici alla salute dei fitochimici possano essere causati da una modulazione dell’espressione genica.
In ogni caso è importante garantire sempre riserve sufficienti di retinoidi nell’organismo, poichè svolgono un ruolo indispensabile per moltissimi processi metabolici, per la duplicazione cellulare e sono indispensabili per il sistema immunitario e per tutto l’organismo.