LA CELIACHIA: UNA DIAGNOSI COMPLESSA
La celiachia è una malattia auto-immune particolarmente difficile da diagnosticare poiché può presentare i sintomi più svariati, non sempre direttamente collegati al tratto gastro-intestinale, e che vengono spesso fraintesi.
Ma la sua gravità rende necessario un approccio diagnostico che limiti il più possibile le mancate diagnosi. Infatti si è osservato che una mancata diagnosi della patologia, soprattutto se prolungata e protratta per più di una decade, può portare a numerose complicazioni fra cui la carenza di ferro, l’anemia, l’intolleranza al lattosio, l’osteoporosi, l’aborto, la comparsa di linfomi, la depressione e l’aumento del rischio di mortalità.
Per questo motivo il ministero della salute ha pubblicato delle norme diagnostiche, ovvero un protocollo per la Diagnosi ed il Follow-up della Celiachia, e l’ha inserito nella legge 123/05.
Vediamo innanzitutto i sintomi che possono essere collegati in modo più o meno evidenti alla celiachia:
• Dermatite erpetiforme
• Anemia
• Bassa statura
• Ritardo puberale
• Infertilita ed aborti ricorrenti
• Alopecia areata
• Stomatite aftosa
• Ipoplasia dello smalto dentario
• Ipertransaminasemia da causa non identificata
• Disturbi neurologici: epilessia farmacoresistente, atassia, polineuropatie
• Osteoporosi
• Miocardiopatia dilatativa
• Artriti
Il ministero ha quindi codificato tre approcci, applicabili a seconda del paziente.
Per i soggetti ad elevato sospetto di celiachia, ovvero in cui è presente un evidente sindrome di malassorbimento, è opportuno procedere immediatamente con una biopsia duodenale per rilevare un’eventuale atrofizzazione dei villi intestinali ed in concomitanza un’analisi del sangue per rilevare gli anticorpi anti-tTG (entrambi tipici sintomi di celiachia). Se entrambi gli esami risultano positivi la diagnosi è senza ombra di dubbio celiachia. Se gli esami risultano negativi è opportuno effettuare un esame del DNA per rilevare le varianti sui geni DQ2 o DQ8 che indicano una predisposizione alla celiachia ed eventualmente monitorare il paziente e ripetere gli esami a distanza di tempo. Se le due varianti non sono presenti è invece quasi certamente possibile escludere la celiachia.
In soggetti con basso o moderato sospetto di celiachia è preferibile effettuare prima l’analisi del sangue, essendo una pratica non invasiva, e solo se sono presenti i caratteristici antigeni, procedere con la biopsia e l’eventuale esame del DNA.
Essendo inoltre la celiachia molto frequente fra i parenti di primo e secondo grado, è opportuno effettuare le analisi del sangue e del DNA in caso di soggetti risultati positivi in famiglia.
Una volta accertata la celiachia, il paziente deve essere seguito non solo con la creazione di una dieta ad hoc che soddisfi le sue esigenze pur essendo gluter-free, ma deve essere anche istruito sugli alimenti che insospettabilmente contengono tracce di glutine e sulle possibili complicazioni come le alterazioni metaboliche, sindromi come la tiroide autoimmune, e la comparsa di linfomi. Per questo motivo il ministero della salute suggerisce di fissare una prima visita di controllo a sei mesi dalla diagnosi, e successivamente ogni anno.