ALIMENTAZIONE, GENETICA E OSTEOPOROSI
L’osteoporosi si caratterizza da una bassa densità minerale ossea (BMD), un peggioramento della microarchitettura ossea e un aumentato rischio di fratture.
Il massimo sviluppo della massa ossea avviene normalmente verso i 35 anni; successivamente comincia ad impoverirsi come conseguenza dell’invecchiamento e in particolare nelle donne dopo la menopausa. In questo caso gli stimoli che vengono a cessare non sono di natura meccanica ma ormonale, poiché con l’atrofia delle ovaie la produzione di estrogeni subisce una drastica riduzione.
Le ossa diventano così più porose e ciò le rende più fragili e più facilmente soggette alle fratture. L’impoverimento del tessuto osseo, ovvero la riduzione della densità minerale ossea e quindi l’osteoporosi sono una conseguenza dell’alterazione dell’equilibrio tra processi costruttivi e distruttivi dell’osso. Quando l’ormone che stimola la ricostruzione (calcitonina) diminuisce (come accade nella donna dopo la menopausa) il tessuto osseo si impoverisce e in parte cede, formando cavità sempre più grandi e rendendo più facile il collasso dell’intera struttura scheletrica.
L’osteoporosi si può definire, quindi, come un disordine delle ossa caratterizzato dalla compromissione della robustezza dell’osso che predispone ad un aumento del rischio di frattura.
Esistono diversi fattori di rischio legati all’insorgenza dell’osteoporosi:
- Alimentari: scarso apporto con la dieta di calcio, vitamina D e vitamine in generale
- Stile di vita: sedentarietà, fumo, alcol, ridotta esposizione alla luce solare
- Stati patologici (tra cui rientrano anche morbo di Crohn e celiachia)
- Fattori genetici
I dati sull’ereditarietà mostrano che i fattori genetici determinano fino all’80% la variabilità di BMD, la densità minerale ossea, la quale è uno dei maggiori predittori di fratture ossee.
Tra i geni candidati che sono stati studiati in relazione alla densità minerale ossea e le fratture osteoporotiche si includono il recettore della vitamina D, il recettore degli estrogeni, il gene COL1A1, il fattore di crescita trasformante beta-1, e molti altri.
Studi recenti hanno dimostrato che variazioni nella sequenza della proteina che viene codificata a partire dal gene LRP5 correlano con l’accumulo di massa ossea e con la suscettibilità all’osteoporosi. In particolare sono due i polimorfismi studiati in questo gene, Val667Met e Ala1330Val. Per quest’ultimo polimorfismo studi in vitro hanno avvalorato l’ipotesi che ci siano differenze funzionali nella proteina LRP5 nei soggetti con la mutazione. Studi recenti hanno correlato la variazione nella codificazione della proteina sintetizzata dal gene LRP5 all’accumulo di massa ossea e alla suscettibilità all’osteoporosi. I polimorfismi più frequentemente studiati in questo gene sono due sostituzioni amminoacidiche (Val667Met e Ala1330Val), e ci sono evidenze in vitro aggiuntive che la variante Ala1330Val risulti in una differenza funzionale nella proteina LRP5.
Nei soggetti che hanno la variante mutata in Val667Met e Ala1330Val sono stati osservati effetti molto significativi sulla densità minerale ossea in particolare a livello della spina lombare e del collo del femore. Inoltre Val667Met sembrerebbe avere una maggiore influenza sulla BMD rispetto ad Ala1330Val. Gli effetti maggiori sono stati rilevati sulla densità minerale ossea della spina lombare, la quale sembrerebbe ridursi di 20mg/cm2 per ogni copia dell’allele Met667 che si ha mutata e di 14mg/cm2 per ogni copia mutata dell’allele Val1330. Per il collo femorale, gli effetti sono invece rispettivamente di 11mg/cm2 e 8mg/cm2.
Entrambe le varianti di LRP5 sono quindi associate in maniera significativa al rischio di frattura ossea. Per ogni allele mutato in Met667, la probabilità di fratture aumenta del 14% e per fratture vertebrali del 26%. Il rischio sembra essere maggiore nella popolazione femminile.
Studi su cavie hanno mostrato che mutazioni puntiformi in un altro gene, LRP6, conducono a una riduzione di massa ossea. Mentre le cavie LRP6 omozigoti per l’allele mutato mostrano problemi precoci di sviluppo che sono incompatibili con la vita, le cavie portatrici di mutazioni in eterozigosi sia di LRP5 che di LRP6 presentano densità minerale ossea diminuita e deformità degli arti. Ciò indica che i due geni LRP5 e LRP6 hanno un ruolo importante dello sviluppo dell’osteoporosi e interagiscono con lo sviluppo degli arti e l’acquisizione di densità minerale ossea.
Uno studio della Genetic Markers for Osteoporosis (GENOMOS), in cui sono stati raccolti dati di 37534 individui in Europa e negli Stati Uniti, è riuscito a dimostrare che la variazione genetica di LRP5 è associata sia con il BMD che con il rischio di frattura ossea.
Nonostante studi su gruppi familiari e su gemelli indicano che i fattori genetici giocano un ruolo importante nel regolare la BMD e il rischio di fratture, la base molecolare genetica dell’osteoporosi resta in larga parte poco compresa. I geni che contribuiscono alle differenze nel rischio di sviluppo dell’osteoporosi e dell’incidenza di fratture osteoporotiche sono in larga parte sconosciuti, anche se si pensa che il rischio dipenda da molte varianti genetiche comuni nella popolazione, che se presenti singolarmente mostrano degli effetti modesti ma la cui presenza simultanea diventa un fattore di rischio.
Estremamente importante è anche l’alimentazione, che deve essere ricca di calcio, vitamina D e con un apporto sufficiente di proteine.
Il calcio è indispensabile per la robustezza delle ossa. Numerosi studi hanno rilevato come la BDM nell’infanzia sia profondamente influenzata dalla quantità di calcio assunta dalla madre durante la gravidanza. Inoltre integratori a base di calcio si sono rivelati molto utili e con effetti anche sul lungo termine nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, al punto da influenzare anche il rischio di osteoporosi in età avanzata.
L’omeostasi del calcio è regolata dalla vitamina D, la quale viene sintetizzata dalla pelle dopo l’esposizione al sole ed è presente in un limitato numero di alimenti come soprattutto nei latticini ed in alcuni pesci. Una carenza di vitamina D porta ad una diminuzione del riassorbimento di calcio da parte delle ossa e quindi ad una maggiore debolezza ossea.
Anche la proteine sono importanti; esse compongono approssimativamente il 50% del volume osseo e circa un terzo della sua massa. Le molecole di collagene presenti nelle ossa vengono rilasciate nel processo di rimodellamento osseo e non possono essere riutilizzate, richiedendo quindi un continuo ricambio di aminoacidi utili alla struttura dell’osso. Le proteine ottimizzano il livello di IGF-I, un ormone che stimola la crescita ossea e aumenta l’assorbimento di calcio e fosforo. Un introito adeguato di proteine con la dieta è quindi indispensabile per mantenere una buona salute ossea.
Di conseguenza è particolarmente importante in caso di presenza delle varianti genetiche sfavorevoli, adottare una dieta ricca di questi nutrienti per ridurre il rischio di sviluppo di questa patologia.